La persecuzione dei cristiani, una realtà dimenticata
E se credere ci dovesse costare tutto? Se la fede fosse una sentenza di morte?
Magari non ci siamo mai dovuti porre queste domande perché non abitiamo in luoghi in cui i presupposti favoriscano una situazione del genere ma in alcuni contesti questa è la realtà di tantissime persone che hanno chiaramente dichiarato e vissuto la propria fede in Cristo.
L’Enciclopedia Treccani definisce la persecuzione come: «Un complesso di sistematiche azioni di forza intese a stroncare un movimento politico o religioso, a ridurre o addirittura eliminare una minoranza».
In effetti nei contesti in cui incontriamo la persecuzione dei cristiani (principalmente in Africa e in Asia) i credenti costituiscono la minoranza, tranne alcune rare eccezioni. Quello che accade non è solo una persecuzione sociale che si espleta spesso nella difficoltà a trovare lavoro o nel venir lasciati per ultimi durante la distribuzione degli aiuti economici (come è accaduto durante la pandemia Covid). A volte infatti le discriminazioni si traducono in vere e proprie atrocità: villaggi bruciati, donne rapite, stuprate e costrette a matrimoni forzati o ridotte a essere delle schiave sessuali, bambini derubati della loro innocenza e arruolati come soldati (si vedano i cosiddetti “bambini soldato”).
In base al territorio d’appartenenza gli attori di queste violenze sono diversi. In Africa per esempio le violenze sono portate avanti principalmente da gruppi di radicali islamici (molti avranno sentito parlare di Boko Haram e di Al Qaeda) e questi stanno crescendo sempre più. In alcuni Paesi la loro presenza è sempre più attiva: parliamo di Algeria, Burkina Faso, Kenya, Mali, Nigeria, Somalia.
In Asia, invece, la persecuzione è da attribuire al nazionalismo religioso induista e all’oppressione comunista dei regimi dittatoriali che non possono accettare il rifiuto cristiano di “venerare” il presidente dello Stato, si prenda ad esempio la Corea del Nord, in prima posizione alla World Watch List di Open Doors da cinque anni. Qui i cristiani fanno parte della classe degli “ostili” (la società coreana è suddivisa in classi etichettate in base alla fedeltà al regime di Kim).
I numeri della persecuzione contro i cristiani sono a dire poco spaventosi.
Prendendo come esempio la Nigeria solo nei mesi di gennaio e febbraio del 2020 circa 350 cristiani sono stati uccisi. Si riporta che dal giugno del 2015 a oggi più di 11.500 cristiani sono stati uccisi; senza contare quelli che sono stati costretti a spostarsi (fra gli uno e i quattro milioni). Circa 2000 sono le chiese distrutte. Tra l’altro la Nigeria è un caso atipico perché a differenza di molte altre realtà in cui i cristiani costituiscono la minoranza qui invece rappresentano quasi la metà della popolazione. Nonostante ciò il nord del Paese è teatro di continue violenze verso i cristiani; la Nigeria,nella sua parte alta si trova sulla cintura del Sahel, territorio in cui si assiste allo scontro fra la cultura la araba del nord e quella cristiana del sud.
Il Covid nel 2020 ha esasperato questa situazione perché con i diversi lockdown i gruppi radicali hanno avuto campo libero per muoversi in tutta tranquillità. Questa situazione ha portato diverse organizzazioni a parlare di genocidio dei cristiani in Nigeria.
Ma come? Genocidio in un Paese in cui quasi la metà della popolazione è cristiana? Ci sono grandi movimenti cristiani, mega chiese presenti in diverse città e alcune “esportate” anche in nazioni europee! Possibile che non ci sia modo di far sentire la propria voce in difesa dei fratelli cristiani che vivono nella parte settentrionale?
È vero, la Nigeria è minata internamente da un problema di corruzione non trascurabile, infatti ben spesso si sono riscontrati episodi di violenza messi in atto dalla polizia (ricordiamo il movimento di protesta recente # EndSars) ma forse una soluzione potrebbe esserci.
L’aiuto potrebbe arrivare dagli Stati Uniti che hanno ideato un concetto nato intorno agli anni Sessanta: quello di Advocacy o patrocinio.
Cosa sarebbe?
L’Advocacy è un processo civile con cui una persona o un gruppo di persone cerca di dare appoggio a una politica (che sia sociale, economica o legislativa) e di influenzare la relativa distribuzione delle risorse umane e monetarie. Grazie all’utilizzo dei social media, di Internet e dei sondaggi questo strumento è in grado di orientare l’opinione pubblica e di conseguenza d’indirizzare le politiche pubbliche. È un concetto nato negli stati Uniti con l’acutizzarsi delle lotte urbane delle minoranze etniche delle grandi città e ormai ha svolto diverse prove nei decenni scorsi concedendo d’ottenere vittorie non trascurabili.
Porte Aperte, associazione impegnata nella difesa dei cristiani perseguitati, pone alla nostra attenzione qualcosa di interessante.
Nel gennaio del 2020 alcuni rappresentanti di questo gruppo presentavano il report sulla persecuzione dei cristiani presso la sala stampa della Camera dei deputati. Fu una grande vittoria perché finalmente i mass media riconoscevano l’esistenza di una vera persecuzione in atto utilizzando l’espressione “persecuzione dei cristiani”, che in passato veniva sostituita dalla più edulcorata “scontri fra fazioni religiose”.
Per giungere a questo traguardo sono stati necessari quasi dieci anni di lavoro iniziando dalla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei media e dal veicolare un’informazione corretta sulla realtà dei fatti.
In sintesi i cristiani della Nigeria del sud attraverso questo strumento avrebbero la possibilità di far sentire la propria voce nei forum, nei tribunali e attraverso l’attivismo politico. Allora perché non è stato fatto quasi nulla fino ad oggi visto che la situazione dura da almeno due decadi? Ci siamo forse dimenticati che quando un membro soffre, soffre tutto il corpo?
Oppure la paura di rischiare, di investire risorse e di perdere la propria reputazione e la faccia è troppo grande?
Qualunque sia la risposta qualcosa va pur fatto!
La paura non deve mai impedirci di agire e di prendere posizione in difesa della verità; sfruttiamo la situazione di pace e di comfort zone in cui ci troviamo per esporci in favore di quelli che invece stanno soffrendo.
Chi lo sa se un domani anche le nostre città rientreranno nelle aree in cui domina la persecuzione contro i cristiani e allora saremo noi a necessitare d’aiuto?