Fedez, Zan, Cappato e Civati: un quartetto che spaventa

Cosa ci fanno in una diretta Instagram un cantante che lancia una linea di smalti, un attivista che vuole l’eutanasia legale in Italia, un blogger radicale e un parlamentare omosessuale?
Sembra l’inizio di una barzelletta invece è tutto vero.
Come sapete il ddl Zan è in via di discussione al Senato dove le forze politiche del nostro ordinamento, dopo i lavori in commissione Giustizia bruscamente interrotti, stanno sviscerando e discutendo articolo per articolo questo disegno di legge al fine di trovare un accordo che possa accontentare tutti.
Prima di addentrarci in quella che ormai sta diventando la legge più chiacchierata dal 1978 a oggi, vorrei raccontarvi quello che sta accadendo sui social. Pochi giorni fa su Instagram è stata indetta una diretta orchestrata da Fedez in cui sono stati invitati il parlamentare Alessandro Zan, il blogger Giuseppe Civati e l’attivista Marco Cappato.

Già il semplice fatto che si siano riuniti questi personaggi dovrebbe far suonare un campanellino d’allarme: pura coincidenza? O esiste invece una volontà sottesa a ogni incontro programmato e sottoposto ai milioni di followers di Fedez che volenti o no hanno respirato le parole che volavano in quella diretta?
I quattro, tra le altre cose, si sono ovviamente soffermati sulle audizioni che si stanno svolgendo in Senato e sulle discussioni in merito ad alcuni articoli che sembrerebbero non trovare l’assenso di tutti i senatori.
Riporto testualmente alcune parole riferite nella discussione in merito al tanto discusso art. 1 del ddl Zan: ricordiamo che è l’articolo che introduce le definizioni di genere, identità di genere, sesso e orientamento sessuale.
Zan dice: «In realtà tutti noi abbiamo un’identità di genere, perché non è una cosa che riguarda solo le persone transessuali, come tutti noi abbiamo un orientamento sessuale; l’identità di genere in due parole è: la percezione profonda, precoce e strutturata del proprio genere; sin da quando siamo bambini percepiamo qual è il nostro genere, solo che ci sono dei bambini e delle bambine che percepiscono che il proprio genere è diverso dal loro sesso biologico, ecco che allora bisogna aiutare questi bambini in un percorso di transizione perché si ritrovano con un genere che non corrisponde a quello di nascita. L’identità di genere è riconosciuta dallo Stato ed esiste già, è un diritto umano».

È importante verificare come il timore avanzato, fin dall’inizio, da coloro che si dichiarano contrari al ddl Zan su una volontà subdola insita in questa legge non sia più un’idea campata per aria da qualche leghista estremista ma una certezza annunciata a milioni di persone dallo stesso ideatore Alessandro Zan.
Inoltre il parlamentare non sostiene sia necessario affiancare i bambini in un percorso che possa aiutarli nella loro crescita ma è favorevole, se essi lo desiderano, a facilitare la via che può condurli a un processo di transizione.
Ci rendiamo conto di ciò che significa? Alzi la mano chi ha mantenuto la stessa idea che aveva a quattro anni su quale fosse il suo colore preferito, il suo supereroe di riferimento o il lavoro che voleva fare da grande. Non mi dite che tutte le bambine che volevano fare le ballerine oggi danzano alla Scala e tutti i bimbi che sognavano di diventare astronauti lavorano alla Nasa.
I nostri genitori ci hanno assecondato e fatto guidare nel circuito MotoGP se il nostro sogno a sei anni era quello di diventare Valentino Rossi? Se quelle legate al mondo del lavoro sono scelte che, quando va bene, diventeranno definitive dopo i venticinque anni vogliamo imporre un cambio di sesso a dei bambini che mutano idea e desiderio tutti i giorni?
Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio basta analizzare le parole di Marco Cappato, fautore e promotore della raccolta firme per presentare il referendum sull’eutanasia legale (raccolta firme che il caso vuole sia in essere proprio in questi giorni).
Cappato dice chiaramente una cosa importantissima cioè che il cuore del ddl Zan non è quello di punire con varie pene le violenze sugli omo-bi-trans sessuali. Autodichiarandosi persona che non crede nella capacità del nostro codice penale di fare “giustizia”, Cappato testualmente riferisce: «La parte giuridica del ddl Zan è la meno importante, la parte più importante di questa legge è quella di promuovere e cambiare la mentalità degli italiani con una nuova educazione e formazione a partire dalle scuole».

Ecco svelato in modo chiaro lo scopo del ddl Zan.
La volontà di entrare nelle scuole e di promuovere una cultura e un’educazione fondate sull’ideologia gender è una realtà ormai palesata.
Ciò che si vuole fare è creare un distacco tra i bambini e le loro famiglie allontanando i più piccoli dalle scelte e dalle tradizioni che ogni nucleo familiare porta avanti.
Ricordiamoci, però, che la nostra Costituzione non pone in mano alla scuola il diritto di istruire i figli; anzi è un compito prezioso e inderogabile affidato solamente ai genitori. Quanto scritto all’art. 30 della Costituzione è chiaro: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio».
Ma allora se il ddl Zan intende affidare alle scuole il compito di educare, andando anche contro gli insegnamenti dei genitori, unici garanti di questo dovere, siamo sicuri della costituzionalità di questa legge?
E se la volontà è quella di distruggere le famiglie ecco che il passo verso un pensiero unico, sradicato e completamente influenzabile a piacimento di chi lo manovra è troppo corto e imminente.

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