Scordare, non ricordare più, perdere la memoria, dimenticare, non tener più conto o tagliare i ponti. Oppure, riferendoci a uno strumento, privare di armonia.
Eh già. Ci siamo mai chiesti perché l’animo umano è spesso così tremendamente nostalgico e attaccato al passato come una cozza alla roccia?
Vorrei soffermarmi su quell’attaccamento a un passato che non ha niente a che vedere con esperienze arricchenti di cui far tesoro bensì con eventi di un tempo andato, non più rievocabile e recuperabile; un tempo in cui i disegni sbiaditi degli anni che furono avrebbero dovuto lasciare spazio a quella pennellata di bianco che prepara la tavolozza della vita ai nuovi colori e contorni. Perché perdere tempo, risorse ed energie preziose che si possono investire per implementare il presente in modo da renderci protagonisti del futuro?
Ma approfondiamo meglio insieme, noi, credenti, seguaci di Colui che morendo e risuscitando ha riscritto le pagine del nostro presente e ne ha ridefinito il concetto rendendolo un tempo i cui attimi scandiscono l’essenza di un futuro senza confini.
Gesù ha donato il suo Tutto, ha dato la rossa pennellata fondamentale per concedere alle persone l’opportunità di trasferire i Suoi progetti – frutto di «pensieri di pace che danno un avvenire e una speranza» (Geremia 29:11) – sulla tela di una vita ora intonsa, bianca come la neve e pronta a essere finalmente vissuta.
La Bibbia lancia questi inviti: «Non ricordate più le cose passate, non considerate più le cose antiche» (Isaia 43:18). «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove» (2 Corinzi 5:17).
Parole semplici ma di un’armonia e una potenza disarmante! Di cosa stanno parlando questi uomini di Dio? Quali sono per ciascuno di noi queste cose passate da dimenticare? Errori commessi? Torti subiti? Treni perduti? Etichette che ci hanno appiccicato addosso? Abbandono?
Cosa ancora condiziona i nostri pensieri, le nostre scelte, il nostro presente e peggio ancora il futuro? Cosa ha spento i riflettori da quei sogni che Dio ha suscitato in noi attraverso le Sue promesse? È ora di tagliare la corda, di levare l’ancora.
Scordiamo ciò che è stato. Riconosciamo le zavorre che ci trattengono dal volare verso il meglio di noi stessi, il meglio che ci aspetta.
È il momento di investire ciò che abbiamo tra le mani per creare le basi di un futuro promesso da Colui che è fedele e non è un uomo per mentire.
Osiamo credere a dispetto delle circostanze che parlano di disfatta, di fallimento e di sfiducia. Viviamo infatti in un tempo che mette a dura prova la capacità dell’individuo di fare la differenza; contro pandemia mondiale e crisi economica globale la tentazione di rifugiarsi nei ricordi di un passato migliore è fortissima (si stava meglio quando si stava peggio!) e l’inevitabile senso d’impotenza rischia di paralizzare mettendo intorno al collo un terribile cappio che ruba il fiato alla verità.
Eppure è scritto: «Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà» (Lettera ai Romani 12:2).
Tagliamo questa corda e afferriamo la chiave della scelta. Prendiamo posizione per aprire la porta oltre la quale abitare le verità che ci appartengono. Pensiamo alle case appena costruite che profumano di nuovo. Ecco, che quel profumo ci ispiri a nuovi arredi, osando ridefinire spazi e colori. Tappezziamo la nuova dimora con la Parola che echeggiando melodie di promesse celesti ci indirizza ad amare noi stessi e a realizzare nuovi propositi, progetti, strategie che profumano d’eternità.