Il Covid-19 spiegato con le parole di Anna Frank
Era il 19 Luglio 1943 quando Anna Frank scrisse: «Finora si contano duecento morti e innumerevoli feriti; gli ospedali sono zeppi».
I dati che ci vengono comunicati quotidianamente appaiono come un bollettino di guerra ma questa non è l’unica frase del libro vicina alla nostra realtà.
La battaglia globale contro il Covid-19 è ormai una priorità ma sono ancora troppe le problematiche da affrontare: il numero crescente di morti e di malati, la crisi economica, i danni psicologici ecc. Inoltre, paure e timori affiorano a causa del futuro incerto e le continue restrizioni non fanno pensare a una svolta decisiva, in positivo.
La nostra libertà e la nostra indipendenza sociale ed economica sono in pericolo?
La storia può aiutarci a capire meglio ciò che stiamo vivendo oggi e insegnarci come affrontare il domani.
Il 13 Dicembre 1942 e l’11 Luglio 1943 Anna scrive: «È molto strano vedere come la gente cammina; sembra che abbiano tutti una fretta tremenda e che quasi incespichino […]. Chi vive normalmente non può sapere che cosa significhino i libri per noialtri rinchiusi. Lettura, studio e radio sono le nostre distrazioni». Durante i lockdown abbiamo avuto modo di sbirciare fuori dalla finestra una società che non ha saputo rallentare ma che corre incessantemente e anche per “noialtri rinchiusi” i libri sono stati un rifugio, uno svago, un modo per uscire dalle mura di casa.
Nel libro, alle pagine datate 20 Giugno 1942 leggiamo ancora: «Gli ebrei non possono salire in tram, gli ebrei non possono più andare in auto. Gli ebrei non possono fare acquisti che fra le tre e le cinque, e soltanto dove sta scritto “bottega ebraica”. Gli ebrei dopo le otto di sera non possono essere per strada, né trattenersi nel loro giardino o in quello di conoscenti. Gli ebrei non possono andare a teatro, al cinema o in altri luoghi di divertimento, gli ebrei non possono praticare sport all’aperto, ossia non possono frequentare piscine, campi di tennis o di hockey eccetera. Gli ebrei non possono nemmeno andare a casa di cristiani. Gli ebrei debbono studiare soltanto nelle scuole ebraiche. E una quantità ancora di limitazioni del genere. Così trascorreva la nostra piccola vita, e questo non si poteva e quello non si poteva. Jopie è sempre contro di me: “Non posso far niente con te, perché ho paura che non sia permesso”. La nostra libertà è dunque assai ridotta, ma si può ancora resistere».
In questo momento sono svariate le restrizioni imposte a coloro che non hanno ancora iniziato il ciclo vaccinale e a coloro che non hanno intenzione di iniziarlo definiti “no vax”.
La lotta contro il Covid-19 è una priorità globale e non c’è dubbio; ancora più prioritario risulta comunque il riconoscere che una pandemia vissuta attraverso la discriminazione, la violenza, varie privazioni e restrizioni alla libertà è assai più pericolosa.