Il virus dello “zero Covid” in Cina
La Cina è l’ultima grande economia a perseguire una rigorosa strategia sanitaria denominata “zero Covid”, che prevede, oltre alla quarantena delle singole persone risultate positive al test, anche quella d’intere città (per attivarla è sufficiente riscontrare pochi contagiati). Sono inoltre applicati il contenimento mirato, test PCR diffusi e obbligatori e restrizioni ai viaggi1.
Queste misure hanno mantenuto molto basso il numero dei casi di Covid inferendo tuttavia un duro colpo all’economia del Paese e non solo.
La Cina della politica “zero Covid” è implacabile.
Frontiere chiuse, strade bloccate, trasporti pubblici sospesi, confinamento forzato negli aeroporti, quarantene rigidissime.
Per tre anni le drastiche misure sanitarie hanno fatto somigliare il Regno di Mezzo a una gigantesca prigione. Mentre i duemilatrecento delegati del Partito comunista cinese si sono riuniti a Pechino dal 16 al 22 ottobre 2022 per presenziare al loro ventesimo Congresso, la guerra della metropoli contro l’epidemia è ora contestata dalla popolazione.
Il vaccino?
A settembre il Paese ha segnalato il primo caso della sotto variante BF.7 Omicron, che ha portato a un’epidemia nella regione settentrionale della Mongolia Interna, facendo registrare un totale di oltre quattromila infezioni.
Il BF.7 si è rilevato anche nella città meridionale di Shenzhen, sede di molte aziende tecnologiche, e lo stesso virus è stato segnalato nell’ottobre di quest’anno in Europa centrale e negli Stati Uniti.
Secondo il Quotidiano del Popolo solo l’86% degli anziani cinesi ha ricevuto due dosi di vaccino anti Covid (i vaccini stranieri più “efficaci” non sono ammessi nel Paese): l’articolo dipinge il controllo della malattia come una politica esistenziale per la Cina, che contrappone il sistema politico della nazione a quello occidentale.
Con l’avvicinarsi del congresso del partito comunista ormai in corso, le autorità locali avevano rafforzato le restrizioni sanitarie in vigore su tutto il territorio per evitare qualsiasi errore.
Dynamic zero Covid
La strategia del governo “Dynamic zero Covid” è inestricabilmente legata al presidente Xi Jinping2.
Il suo successo è il suo successo. In cosa consiste invece principalmente il fallimento?
È vero che le chiusure rigorose, i test di massa, la scansione costante dei codici sanitari e le restrizioni applicate ai viaggi hanno impedito agli ospedali cinesi d’essere sommersi, ma tutto ciò ha richiesto costi elevati.
La disoccupazione giovanile ufficiale è attualmente del 18,7% e all’inizio di quest’anno si aggirava intorno al 20%.
«Non esiste alcun obbligo di vaccinazione. C’è a malapena una campagna di sensibilizzazione del pubblico», riporta il Quotidiano del Popolo (testata filogovernativa).
Sembra davvero che l’orgoglio nazionale abbia la meglio sulla scienza e su quest’ultima affermazione si potrebbe aprire un dibattito, perché sia in Oriente che in Occidente non si riesce a capire in che misura il vaccino sia stato realmente efficace, in quanto anche da vaccinati resta possibile contrarre e trasmettere il virus.
In Occidente soprattutto il Canada e i Paesi dell’Europa occidentale hanno portato buona parte della popolazione a sottomettersi alla “regola” del quasi obbligo vaccinale.
Tornando al “virus” dello zero Covid, i servizi ferroviari dello Xinjiang sono stati sospesi e molte parti della regione occidentale, compresa la capitale Urumqi, sono state chiuse a chiave poiché i funzionari hanno ammesso di non essere riusciti a fermare la diffusione del virus.
Numerose le segnalazioni di persone impossibilitate a procurarsi cibo e medicine a causa delle rigide chiusure della Cina, ma il virus zero Covid influenza la vita quotidiana in molti altri modi.
A tre anni dall’inizio della crisi la situazione sta stremando la popolazione.
Alla periferia di Pechino i lavoratori con redditi modesti vivono in un’area in cui l’affitto è più economico chiamata Yanjiao, che si trova dall’altra parte del fiume Chaobai all’interno della provincia di Hebei.
Nel giugno 2022 si è registrata in quei sobborghi una serie di casi positivi che ha impedito ai residenti di accedere alla capitale e il provvedimento ha provocato scontri tra la polizia impegnata a presidiare i punti di passaggio e i dipendenti che cercavano di recarsi al lavoro. Durante il periodo del blocco più persone hanno attraversato il fiume su imbarcazioni gonfiabili per entrare di nascosto in città; attualmente il confine Pechino-Yanjiao è aperto, ma tutti coloro che arrivano nella capitale devono mostrare i documenti d’identità, collegati alle applicazioni informatiche, che, in base al codice sanitario riportato, certificano lo stato di salute del cittadino.
Le restrizioni coercitive generano ovviamente un impatto non solo nell’economia, ma anche nella vita dei cinesi. In primavera sono state diffuse in tutto il mondo le immagini filmate in un quartiere di Shanghai in cui i residenti confinati gridavano dalle finestre.
«Questa politica è anche un fallimento in termini di accettazione sociale», osserva l’esperto intervistato, che ritiene che la fiducia e il sostegno della popolazione siano stati seriamente erosi negli ultimi mesi, soprattutto a Shanghai.
Un inferno distopico, e mentre alcuni urlano dalle finestre dei loro appartamenti dopo una settimana di prigionia c’è ancora chi appoggia questo tipo di autoritarismo sostenendo che permetterebbe di garantire “salute e sicurezza”.
L’ultimo grande scandalo risale al 18 settembre di quest’anno quando un autobus che trasportava quarantasette persone entrate in contatto con strutture di contenimento si è schiantato a duecentosessanta chilometri dalle case dei potenziali infetti. Risultato: ventisette morti.
La psichiatra e ricercatrice Anne Sénéquier afferma: «A livello internazionale Xi Jinping non può permettersi di perdere la faccia».
E a livello nazionale sarebbe ammissibile per il presidente riconoscere davanti al Congresso d’essersi sbagliato dopo aver imposto enormi sacrifici al proprio Paese?
Prosegue l’esperta: «Ci troviamo di fronte a una legittimità politica che rifiuta di essere messa in discussione, qualsiasi cosa accada».
Nel discorso d’apertura del ventesimo congresso del suo partito a Pechino, Xi definisce la lotta al Coronavirus una “guerra popolare” e sottolinea che l’inflessibile linea dello zero Covid è stata un successo, ha permesso di risparmiare molti morti alla Cina e «ha privilegiato la vita umana».
Ciò conferma l’intenzione del governo di proseguire la strada intrapresa a discapito delle sofferenze vive dietro le finestre delle case di Pechino.
1 Claire Tervé, En Chine, la stratégie « zéro Covid » de Xi Jinping a fait dérailler l’économie, 16 ottobre 2022, sito visitato nel mese di ottobre 2022, www.huffingtonpost.fr/international/article/en-chine-la-strategie-zero-covid-de-xi-jinping-a-fait-derailler-l-economie_208869.html. 2 Stephen McDonell, Zero-Covid: How Xi’s flagship policy is spoiling his party, 7 ottobre 2022, sito visitato nel mese di ottobre 2022, www.bbc.com/news/world-asia-china-63112996.